CHI VUOL FIABE, CHI VUOLE?
quasi giovani, e nelle ore di riposo facevano tanti bei castelli in aria pel giorno in cui sarebbe venuto al mondo l'erede sospirato: maschio o
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lo spendeva per vivere, e il resto lo metteva da parte. Campava quasi con niente. Una fetta di pane, un pezzetto di Cacio o una cipolla per
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, afferrando il filo o fermando il fuso col pericolo di farsi storpiare una manina. La poveretta, quando era sola in casa, e il bambino dormiva in una
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. Se qualcuno dei servitori, dei dipendenti, non intendeva bene i suoi ordini, o li eseguiva male, diventava una furia. Invano il marito tentava di
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più forte sull'oggetto che aveva per le mani, pentola, paiolo, padella o caldaia, rispondeva: - La maggiore la darò a un Reuccio, l'altra a chi vuol
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che quel po' di lupini dovevano dividerseli fra cinque o sei, il poveretto faceva colmo più dell'ordinario il misurino, e intanto che lo versava
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un giorno o l'altro ... Il Reuccio sorrideva, e per mostrargli che i quattro draghi gli s'erano affezionati come cagnolini, apriva l'uscio e se li
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incontrarla anche lei. E per ciò quel giorno, imbattendosi in qualche donna, vecchia o giovane, le domandava ingenuamente: - Siete voi la Fortuna? Tutte la
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, la Regina e le Principesse ridevano. E Cacio: - Chi l'ha provato o non lo vuol provare, A pancia piena ci faccia cantare. E lo zufolo: - Tiù! tiù! Il
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pelliccia con piote o piallacci. Il marito l'aiutava a far la bocca in alto alla catasta e i buchi per darle sfogo, e appiccava il foco. Lavoravano così
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... Re e Regina non lo lasciarono neppure finir di parlare. - O Reuccio, o giardiniere: scegli! - Giardiniere, Maestà. E per i più begli occhi del
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giorno più triste, non sapevano che cosa inventare per svagarlo, per divertirlo. - Che vi manca, figliolo? - Niente! - O dunque? Non sorridete, non